Durante la settimana, mentre sfoglio le notizie che riguardano la Siria, sono sempre più tempestata da violente immagini di morte e di distruzione e il mio sguardo rigetta quelle pagine di articoli in cui, riga dopo riga, i numeri di decaduti e dispersi aumenta tanto da poter definire Aleppo come “un gigantesco cimitero”. Poi la mia attenzione è caduta su questa testata “ Gli Angeli della Siria” che mi ha portato a scoprire quale sia il vero significato della Misericordia. Con questo appellativo si fa riferimento a tutti quei medici, infermieri, giornalisti e altre persone comuni mosse dall’amore verso il prossimo che continuamente rischiamo la propria vita sia per salvare innocenti vite negli ospedali da campo che per poter rendere il mondo consapevole dei massacri che ogni giorno i cittadini siriani sono costretti a subire. Il giornalista Asmae Dechan racconta la storia della giovane infermiera Maha, l’esperto medico Abdullah, la ginecologa Alya e il giornalista Mazen. Sono nomi che a noi lettori non dicono niente ma dietro i quali in realtà si celano uomini e donne che di nascosto cambiano e salvano la vita di molte persone. Le loro giornate sono una continua sfida contro la sorte quando continuamente attraversano il confine fra Siria e Turchia per portare nel paese in guerra medicine, materiale sanitario o altri beni di prima necessità o per tentare di far recapitare ai colleghi siriani fotocamere o droni di ultima generazione per documentare gli orrori a cui sono sottomessi. Questi eroi vengono definiti medici e giornalisti “frontalieri”, dei “contrabbandieri che non si fanno pagare” ma che continuamente sono costretti a nascondersi e sfuggire dai cecchini o dalle forze armate per paura di essere intercettati, seguiti e poi uccisi come è successo al medico Firas mentre rientrava ad Aleppo. Mi ha particolarmente colpita la testimonianza del giornalista Mazen il quale afferma che “non è vero che ci si fa l’abitudine alla clandestinità. Muoversi come se fossimo dei ladri o dei criminali e sentirci fuori legge non è piacevole. In una società civile chi dà voce agli oppressi come facciamo noi giornalisti e chi soccorre vite umane come fanno i medici, dovrebbe essere considerato una persona nobile d’animo. Nella Siria di al Assad non è così”. Ebbene, sono proprio questi eroi clandestini che trascorrono la loro vita nella penombra che mettono in luce il volto umano della guerra, quello spiraglio di speranza che fa capire a noi che siamo lontani che dopo tutto laggiù c’è anche chi combatte senza armi e la cui bontà d’animo risuona nei cuori di chi salvano con un’intensità assai più potente di una bomba.