Caso Regeni: Il Cairo respinge l’indagine italiana su sette agenti egiziani
Dicembre 2018: il Cairo respinge la richiesta d’indagine italiana su sette agenti dei servizi egiziani, indagati per sequestro di persona, nei confronti del giovane ricercatore universitario Giulio Regeni.
Il coinvolgimento dei sette agenti indagati è legato all’analisi dei tabulati telefonici da cui risulta che il giovane ricercatore italiano era pedinato e controllato almeno fino al 25 gennaio del 2016, giorno della sua scomparsa.
Si tratta di soggetti che avrebbero di fatto messo “sotto controllo” Regeni, a partire dal dicembre del 2015, con una serie di attività culminate con la registrazione video di un colloquio tra il sindacalista Mohamed Abdallah e il ricercatore, avvenuta il 7 gennaio di quasi tre anni fa.
I risultati dell’attività di indagine svolta da Ros (Raggruppamento Operativo Speciale Arma Carabinieri) e Sco ( Servizio Centrale Operativo) sono noti alle autorità egiziane da almeno un anno, in quanto presenti nella informativa messa a disposizione nel dicembre dello scorso anno dalla magistratura romana.
(https://tg24.sky.it/mondo/2018/11/30/caso-giulio-regeni-fico-servizi-segreti.html)
Gli inquirenti egiziani responsabili del caso di Giulio Regeni tuttavia respingono la decisione dei colleghi italiani; hanno chiesto infatti a quelli italiani di indagare invece sul perché il ricercatore fosse entrato in Egitto con un visto turistico, e non con un visto per studenti, nonostante avesse in programma di condurre una ricerca accademica.
Gli inquirenti egiziani infatti sostengono che l’attività di sorveglianza degli agenti rientri nei loro compiti, oltre al fatto che in Egitto non esiste un vero e proprio“registro degli indagati”.
Il presidente della Camera Fico ha comunicato, alla riunione dei capigruppo di Montecitorio, con “grande rammarico” la decisione di interrompere i rapporti parlamentari con l’Egitto. Tutti i gruppi parlamentari hanno aderito alla proposta. Fico definisce un “atto giusto, forte e coraggioso” la decisione della Procura di Roma di iscrizione nel registro degli indagati degli agenti della sicurezza nazionale egiziana. “Direi – continua – anche un atto dovuto. Visto che la Procura del Cairo non procede, è giusto lo faccia la Procura di Roma”, afferma il presidente della Camera che alla domanda sull’auspicata collaborazione con le autorità egiziane per arrivare alla verità ricorda: “A settembre sono andato al Cairo. Avevo detto sia al presidente Al Sisi sia al presidente del Parlamento egiziano che eravamo in una situazione di stallo: avevo avuto delle rassicurazioni. Ma ad oggi non è arrivata nessuna svolta”.
(https://tg24.sky.it/cronaca/2018/11/29/regeni-procura-roma-indaga-servizi-segreti-egiziani.html)
Il Parlamento egiziano si è detto sorpreso e rammaricato per “le dichiarazioni e l’atteggiamento ingiustificabile” del presidente della Camera dei deputati,
ribadendo come da anni entrambi i governi stiano collaborando alla ricerca della verità e la volontà del Cairo di proseguire la cooperazione giudiziaria tra le due Procure.
Ha assicurato che l’impegno del suo governo per fare luce sul caso non può essere messo in discussione, che la collaborazione giudiziaria, come riaffermato anche in occasione dell’ultima riunione a Il Cairo, deve assolutamente continuare e che è intenzione delle Autorità egiziane proseguire le indagini nonostante le difficoltà riscontrate.
Una dichiarazione che contrasta però con la realtà dei fatti.
Intanto la Procura di Roma ha ufficialmente iscritto cinque persone nel registro degli indagati: si tratta di ufficiali appartenenti al dipartimento di Sicurezza nazionale (servizi segreti civili) e all’ufficio dell’investigazione giudiziaria del Cairo (polizia investigativa).