Meghnia, in Algeria, e Oujda, in Marocco: a dividerle 40 chilometri di fossato, largo 7 metri, e una griglia.
La città algerina è l’ultima tappa per i migranti che hanno attraversato il deserto del Sahara, dopo aver affrontato numerosi gruppi di ribelli o passanti, pronti anche ad uccidere pur di guadagnare. Qui devono decidere se regolarizzarsi in Marocco, oppure proseguire verso l’Europa.
Nel primo caso è sufficiente pagare una “tassa” di 300 euro per accedere al “ghetto” subsahariano della città, per poi dover scappare sperando di non essere catturati dalle guardie o attaccati dai cani dei militari. Nel prezzo sono inclusi il viaggio per il Marocco e il passante, anche se la certezza di passare dall’altro lato non c’è, perché fino a quando non si riesce ad attraversare la griglia e il fossato, non è possibile sperare di arrivare.
Nel secondo caso, invece, il confine è controllato sia dalla guardia frontiera marocchina che da quella algerina. Il prezzo da pagare se si è catturati è prevalentemente fisico: bastonate, stupri, cadute libere nel fossato. Dopo l’attraversata del fossato largo 7 metri, deve esser scavalcata una barriera molto alta, e una volta dal lato marocchino, comincia la nuova fuga per 20 chilometri per raggiungere la città di Oujda: è necessario nascondersi di giorno e scappare in piena notte per evitare di essere catturati dai militari marocchini. Il tutto per una paga di 20 euro a tratta.
Per approfondimenti è disponibile una video-intervista di “Occhio della guerra”.