Deir Ezzor è caduta, e il 17 ottobre Raqqa è stata liberata. L’IS, che negli ultimi anni è riuscita a creare una forte paura nell’Occidente, mai come oggi è indebolito e prossimo alla fine. E, quasi certamente, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’intervento dei Curdi e delle loro milizie.
I curdi sono un popolo che abita le regioni montuose a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia. Non hanno una vera e propria lingua né un’unica religione, sebbene per la maggior parte siano musulmani sunniti. Non avendo una propria patria, hanno però l’esigenza di crearla. Da cui il Kurdistan, che vorrebbe essere uno Stato indipendente e farsi spazio tra questi Paesi. I curdi, invece, sono rimasti “incastrati” dopo la prima guerra mondiale, con la sconfitta dell’Impero Ottomano, quando gli alleati occidentali, vincitori della guerra, previdero la creazione di uno stato curdo (nel Trattato di Sèvres del 1920) ma poi dimenticarono di dargli sostanza. Un popolo che sente, quindi, più forte l’appartenenza etnica di quella statale.
In Iraq si è svolto, il 25 settembre 2017, un referendum per l’indipendenza del Kurdistan, e il 92% si è pronunciato favorevole. In Turchia crescono le tensioni, mai mancate, tra Erdogan e il popolo curdo.
La presenza dell’IS in Siria, invece, ha paradossalmente creato una maggiore, sebbene momentanea, autonomia del popolo curdo.
Prima dell’intervento contro Daesh, i curdi avevano già preso parte alla primavera araba e alla successiva opposizione ad Assad. Anzi, la rivolta popolare contro il regime siriano per i curdi è stata l’occasione di portare la propria lotta a un livello superiore e di seguire un corso indipendente. Ha preso le distanze sia dalle forze del regime Baath, partito politico panarabo, sia dalle forze di opposizione, mostrando di posizionarsi come terza forza, una forza che propone una soluzione. All’inizio, durante le manifestazioni nazionali del venerdì, sia le forze del regime Baath, sia quelle dell’opposizione cercavano di tirare i curdi ciascuno dalla propria parte. I curdi si sono organizzati politicamente e, dopo aver sviluppato le loro attività nella società civile, hanno rafforzato le loro forze di legittima autodifesa (YPG), fondate nel 2004 e riconosciute ufficialmente nel 2011. Tutte le unità legate alle YPG hanno successivamente preso posizione lungo i confini del Kurdistan occidentale.
Alla fine del 2014 l’Is ha stretto d’assedio Kobane. I civili e i combattenti curdi, bloccati in città, sembravano spacciati. La Turchia, al cui confine si trova Kobane, ha chiuso i suoi confini intrappolando gli abitanti della città. È stato in quel momento che i politici curdi iracheni hanno fatto pressione sugli Stati Uniti e la Turchia perché alcuni dei loro combattenti potessero attraversare il confine turco ed entrare a Kobane. Hanno anche chiesto agli Stati Uniti di bombardare alcuni dei bersagli più importanti dell’Is e di fornire aiuti militari ai combattenti curdi, le Unità di protezione popolare (Ypg). La combinazione tra il supporto aereo statunitense e la determinazione dei combattenti delle Ypg ha respinto i miliziani dell’Is, che sono rientrati a Raqqa. E, da allora ad oggi, i combattenti delle Ypg e Ypj sono stati centrali nel conflitto, anche grazie alle armi fornite dagli USA.
Va sottolineato che le donne hanno svolto e svolgono un ruolo centrale, tanto da avere una propria organizzazione militare (Ypj, Unità di Protezione delle Donne). Il loro ruolo, oltre ad essere efficacemente pratico, ha una forte potenza simbolica: l’obiettivo di queste donne, difatti, è anche di cambiare l’immagine femminile proposta dall’Isis e a cui si sentono relegate.
I curdi siriani hanno spesso ribadito che, alla fine del conflitto, non vorranno indipendenza ma una maggiore autonomia dal governo centrale di Assad, Nel 2014 hanno dichiarato che gli Stati Uniti stavano aprendo la strada alla nascita di una Siria federale. Per dimostrare di non essere una forza esclusivamente curda, i combattenti curdi insieme ad altre unità hanno creato il gruppo Forze democratiche siriane, il cui organo politico è diventato il Consiglio democratico siriano. L’associazione con il separatismo curdo è sparita, ma la bandiera del Kurdistan e gli emblemi politici curdi sono ancora presenti tra i combattenti e negli uffici dei leader.
L’avvicinarsi della fine dell’Is, però, fa tornare in luce tutti gli interessi locali, e sono in molti ad opporsi a un’eccessiva autonomia curda. Le truppe turche sono pronte a stroncare l’ascesa di un’enclave curda in Siria, mentre le forze irachene potrebbero intervenire per scongiurare l’indipendenza di un Kurdistan iracheno. Gli Stati Uniti si oppongono all’affermazione dell’indipendenza curda, e si limitano a usare i curdi, sia in Iraq sia in Siria, per raggiungere i loro obiettivi. Anche se la mancanza di alternative ha spinto i curdi siriani nell’orbita statunitense, il loro obiettivo resta quello garantire la crescita del potere curdo in Siria. Non è chiaro se riusciranno a utilizzare gli americani a loro favore. La storia ci suggerisce che una volta persa la loro utilità, saranno messi da parte senza tante cerimonie.