Marocco

Il Papa in Marocco, “non servono barriere, ma ponti”

Chi costruisce muri ne resterà «prigioniero». Non servono barriere, ma ponti, che vanno messi anche «nei porti» per evitare che migliaia di migranti disperati affoghino in mare. Fedele al nome «Pontefice, Pontifex, pontem facere, costruttore di ponti»,  Francesco, sul volo di ritorno da Rabat dopo la visita in Marocco (30-31 marzo 2019), rivela di essersi commosso di fronte a immagini delle lame della struttura di separazione tra Marocco e Spagna. La migrazione non si risolve con barriere e paura. No all’uso strumentale della fede per discriminare e aggredire. Violenza e terrore sono offese alla religione e a Dio. Serve il coraggio dell’incontro per sconfiggere odio ed estremismo.

RABAT (Marocco) «Il problema non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti». Francesco celebra la messa davanti a diecimila fedeli – un terzo dei cattolici del Paese, la celebrazione più partecipata nella storia del Marocco – nel palazzetto dello sport di Rabat. E prima incontra clero, religiosi e religiose nella cattedrale di San Pietro, li invita a continuare a dialogare con «i fratelli e le sorelle musulmani» e a «smascherare tutti i tentativi di usare le differenze e l’ignoranza per seminare paura, odio e conflitto». In Marocco, Paese musulmano, i cristiani sono trentamila, meno dell’uno per cento della popolazione, e arrivano da un centinaio di Paesi del mondo. Una situazione analoga a quella che Francesco ha incontrato all’inizio di febbraio negli Emirati: una comunità di migranti arrivati per lavoro. Del resto la riflessione del Papa sul «piccolo gregge» di fedeli, come lo ha definito l’arcivescovo di Rabat Cristobál Lopez, può valere anche per molti Paesi europei ed occidentali sempre più scristianizzati. Il problema non è essere pochi ma «diventare un sale che non ha più il sapore del Vangelo o una luce che non illumina più niente».

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Papa Francesco e il re Mohammed VI hanno stipulato un’alleanza contro gli estremismi – considerati “un’offesa a Dio” – e firmato un documento per “preservare Gerusalemme come luogo e patrimonio comune dell’Umanità”. Si chiude così la prima giornata della visita del Pontefice in Marocco, 34 anni dopo il discorso a Casablanca di Giovanni Paolo II e “ottocento dopo l’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil”. Lo ha ricordato Francesco nel suo discorso nella Spianata della Moschea Hassan, dove lo hanno ascoltato in 12.000, sotto una pioggia battente, e oltre 130.000 lo hanno seguito attraverso i maxi-schermi installati in tutta la città.

papa in marocco

 

“Il coraggio dell’incontro e della mano tesa sono una via di pace e di armonia per l’umanità, la’ dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione”, ha affermato il Pontefice. Sono gli stessi principi che hanno portato le due autorità religiose, il re del Marocco è considerato anche “Comandante dei credenti”, a lanciare un appello per Gerusalemme. “È importante preservare la Città santa di Gerusalemme/Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo”, si legge nella dichiarazione siglata poco dopo la cerimonia di benvenuto.

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All’inizio del suo secondo ed ultimo giorno in Marocco, Francesco ha visitato il «centro rurale dei Servizi Sociali» di Témara guidato da tre monache spagnole che con l’aiuto dei volontari si prendono cura dei più svantaggiati – tutti musulmani – e insegnano a leggere e scrivere agli adulti, gestiscono un asilo ed educano gli scolari, offrono un servizio mensa e cure mediche. «Penso che la preoccupazione sorge quando noi cristiani siamo assillati dal pensiero di poter essere significativi solo se siamo la massa e se occupiamo tutti gli spazi», spiega il pontefice nell’incontro con il clero. «Perché essere cristiano non è aderire a una dottrina, né a un tempio, né a un gruppo etnico. Essere cristiano è un incontro.

“Non vogliamo che l’indifferenza e il silenzio siano la nostra parola”, ha aggiunto. Perché “una società che perde compassione è una madre sterile”.

Per saperne di più: https://www.agi.it/estero/papa_in_marocco-5235732/news/2019-03-31/;

https://www.vocetempo.it/il-papa-in-marocco-non-servono-barriere-ma-ponti/;

https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_marzo_31/papa-marocco-cristiani-dialogo-diventa-preghiera-fedelta-dio-f3f4424e-53c5-11e9-96c3-69d40ecc7f9b.shtml?refresh_ce-cp;

 

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