Una finestra sul Mediterraneo

Per una cittadinanza mediterranea

Sabato 28 gennaio si è tenuto a Firenze il primo incontro preparatorio al forum di Etica Civile, la cui quarta edizione si svolgerà a Palermo il prossimo novembre. Il tema trattato durante l’evento, che si è svolto nella sala Teatina del “Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira”, ha riguardato l’esigenza odierna di riscoprire e al contempo riappropriarsi del concetto di “cittadinanza mediterranea” per tutti i popoli che si affacciano nel “Mare Nostrum”.

Si sono susseguite discussioni fra relatori appartenenti a generazioni e culture differenti e sono stati presentati articoli di approfondimento sulla più generale tematica dell’etica civile. L’intervento del professor Gian Maria Piccinelli, in particolare, ha toccato delle corde a noi da sempre molto care.

Piccinelli ha iniziato il suo intervento constatando che la cittadinanza mette necessariamente in gioco le nostre diversità come esseri umani: lo Stato moderno, sviluppatosi in tutto il mondo con risultati molto differenti, deve necessariamente fare i conti con una vasta diversità di culture e religioni.

È proprio in questo contesto che il Mediterraneo deve rappresentare una “città comune”, in grado di coniugare protezione, tranquillità e sicurezza con incontro, relazione, insieme di diversità e dialogo. Le città che vi si affacciano hanno, citando il professor La Pira, una loro anima ed un loro destino, e devono concorrere al bene comune inteso come un progetto condiviso, non come un’imposizione calata dall’alto. Se questa dimensione di progettualità si sfilaccia, le città vivono una crisi, ma anche una partenza per un nuovo corso.

E così il nuovo rinnovamento cui aspirare non può prescindere, secondo Piccinelli, da tre visioni di città:

  • La “città di pietra”: le radici, la cultura, su cui la comunità si fonda. Inoltre il rinnovamento non deve prescindere dall’armonia, intesa come rispetto reciproco da parte dei vari gruppi etnici.
  • La “città delle relazioni”, intesa come luoghi di incontro, scambio (agorà, forum, suk …) nei quali si respira uno spirito neutro di conciliazione fra interessi diversi.
  • La “città dell’anima”, intesa come separazione fra spirito e realtà profane. In questo senso risulta essere importante la separazione fisica delle realtà, che si concretizza nella presenza di un tempio, ovvero un luogo della città strettamente dedicato al culto dell’anima. Allo stesso tempo è fondamentale la separazione spirituale fra sacro e profano, intesa come qualcosa di profondamente radicato nella coscienza umana.

Dunque si pone la domanda di come si possa vivere una cittadinanza mediterranea. Innanzi tutto, è necessario riflettere su cosa si intenda per cittadinanza. La cittadinanza è intesa infatti come un rapporto amministrativo e giuridico fra un cittadino ed uno Stato. In questa definizione, intrinsecamente, vi è la possibilità che la cittadinanza possa svolgere un ruolo di esclusione anziché di inclusione. Può divenire un confine tra i cittadini e i non cittadini, o può discriminare sulla base delle potenzialità di poter effettivamente godere di tutti i benefici della cittadinanza. Infatti, i popoli sono spesso di fronte alla tentazione di dare vita ad una super-cittadinanza, e quindi ad un super-cittadino che ha a disposizione tutti i diritti ed i mezzi economici, culturali, tecnologici per affermarsi. Altri individui, seppur appartenenti alla stessa comunità, vengono di contro esclusi da questi privilegi, e di conseguenza emarginati. Questo fenomeno non può che dare luogo ad un aumento della forbice che divide ricchi e poveri e che tende ad aprirsi asintoticamente. Basti pensare, senza andare lontano, alle abissali differenze nel diritto alla sanità fra nord e sud Italia. In contrapposizione al fenomeno del super-cittadino si è sviluppato, a partire dal secondo dopoguerra, un desiderio di allargare la cittadinanza, di una cittadinanza cosmopolita che possa estendersi al di fuori dei confini degli stati.

La cittadinanza globale però, senza un concreto sforzo, una concreta applicazione nella vita quotidiana, rischia di rimanere un’utopia. Piccinelli sostiene, dunque, che la ricerca concreta di un’apertura della cittadinanza si fondi principalmente sulla volontà degli individui, senza prescindere dallo studio, dalla discussione, dall’incontro. Inoltre, non si potrà parlare di cittadinanza globale finché ci saranno conflitti. Nelle aree di conflitto, spesso, i cittadini chiedono soltanto l’opportunità di avere una vita “normale”, secondo la norma. Esiste quindi uno standard minimo, un modello, secondo cui possa essere definita una cittadinanza “normale”? Il professore risponde a questa domanda, da lui stesso posta, individuando tre categorie imprescindibili alla così detta “norma”:

  • L’uguaglianza, aspetto fondamentale per una presa di coscienza sociale. Tale uguaglianza, intesa come parità di diritti, è necessaria per coltivare il pluralismo e le diversità.
  • La partecipazione, intesa come collaborazione al progetto di bene comune. A questa categoria si contrappone fortemente la tendenza allo sviluppo del super-cittadino.
  • L’accesso alle risorse economiche ed ai servizi, per consentire pari dignità e pari opportunità ai cittadini che fanno parte della comunità.

Il professore è entrato poi nel dettaglio delle culture che si affacciano nel mar Mediterraneo, fra le quali si distinguono le religioni abramitiche. È proprio la figura di Abramo su cui il professor Piccinelli ha voluto, in conclusione, riflettere. Abramo rappresenta, per le religioni del libro, l’esistenza di un orizzonte escatologico comune. Suddividendo di nuovo la riflessione in tre perle, Piccinelli cita tre caratteristiche fondamentali del profeta che possono essere uno stimolo per le nostre comunità.

  • L’accoglienza, l’incontro con lo straniero, la convivenza ed il compromesso per vivere insieme nella diversità.
  • L’intercessione, ovvero la preghiera per lo straniero. Infatti Abramo intercede per Sodoma, emblema della diversità fra pagani e israeliti.
  • La visione e l’ascolto, “Shemà”, ovvero lo sguardo che va oltre ed è capace di vedere la promessa di Dio presente nella storia, qui ed ora.

Questi spunti di riflessione guidano necessariamente ad un desiderio di fare la differenza, un desiderio puro di rendere concreti dei principi così tanto nobili. La sfida quotidiana è quella di coltivare questo desiderio, trasformandolo in azioni e non lasciando che prevalga la tentazione del crederci impotenti.

Nel corso del forum si sono poi susseguiti interventi di professori, giornalisti, ricercatori, filosofi e studiosi che hanno arricchito la riflessione sulla cittadinanza mediterranea. Particolarmente significativi sono stati anche gli interventi dei giovani presenti che hanno raccontato la propria esperienza di cittadinanza globale e di impegno civile e che si impegnano ogni giorno nell’incontro, nell’ascolto e nell’apertura all’altro.

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