Siria

2018: anno di pace per la Siria?

Dopo sette anni di conflitto, la Guerra in Siria è tutt’altro che finita.

Gli scontri e gli spargimenti di sangue che hanno ricoperto l’intera nazione araba adesso sono relegati a poche aree, e ci si chiede se il paese conoscerà una sembianza di stabilità nel 2018.

Con l’aiuto della Russia e dell’Iran, le forze leali al presidente Bashar al-Assad hanno trasformato lo scontro con l’opposizione armata in una “guerra contro il terrorismo”.

Una continua campagna di bombardamenti russi, e l’impiego di decine di migliaia di truppe iraniane ad aiutare gli uomini di Assad hanno lentamente soffocato l’opposizione e l’hanno gestita colpo dopo colpo.

L’ascesa di gruppi legati ad al-Qaeda e dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante ha permesso al governo siriano di trasformare la narrativa di una rivoluzione contro il governo in una battaglia contro gruppi estremisti.

Mentre la violenza è significativamente diminuita e ci si aspetta che continui a diminuire nel 2018, gli analisti politici affermano che è improbabile che il paese trovi una significativa soluzione politica al conflitto. La mancanza di una soluzione politica, dicono, significa che la violenza continuerà.

E sembra che l’opzione di una genuina transazione politica non sia contemplata.

Scenari futuri 

Mentre la Russia e il governo siriano Possono avere successo nell’imporre una soluzione militare e diminuire significativamente I livelli di violenza, l’opposizione afferma che ogni soluzione che non contempli una transazione politica fallirà inevitabilmente e metterà alla prova l’abilità di Assad nel riprendere pieno controllo del paese.

Mohammad Sabra, precedente negoziatore in capo del maggiore blocco di opposizione siriano (High Negotiations Committee, HNC), afferma che, per quanto si aspetti che ci sarà meno spargimento di sangue nel 2018, la “rivoluzione si manifesterà in forme diverse se Assad non sarà rimosso dalla sua posizione. La nascita di un’opposizione armata è arrivata solo un anno e mezzo dopo l’inizio della rivoluzione. Non riguarda i gruppi armati, ma le richieste del popolo siriano”.

L’opposizione armata continua a ricevere support logistico e fondi dagli Stati Uniti, la Turchia e diversi paesi del Golfo, anche se in forma minore.

James Gelvin, professore di Medio Oriente all’Università della California, Los Angeles (UCLA), crede che l’aiuto ai gruppi di opposizione continuerà a diminuire, ma non finirà, il che significa che i ribelli saranno in grado di combattere ancora. Inoltre afferma che: “la maggior parte delle conquiste territoriali che il governo ha fatto nei due anni passati è stata fatta grazie al gruppo libanese Hizbollah, alle unità iraniane, alle milizie addestrate e controllate dagli iraniani, alle milizie private, e non grazie alle forze governative in sé”, spiegando che le forze del governo sono sfinite.

Il precedente emissario della Lega Araba e delle Nazioni unite, Lakhdar Brahimi, aveva ragione quando diversi anni fa ha predetto che la Guerra in Siria sarebbe finite con la “Somalizzazione” della Siria”.

Come la Somalia, la Siria avrà un governo internazionalmente riconosciuto e una rappresentanza permanente alle Nazioni Unite”, ha spiegato Gelvin.

“D’altronde, come il governo della Somalia, il governo della Siria regnerà ma non avrà il controllo completo sui suoi confini riconosciuti a livello internazionale”.

 

 

Per approfondire:

 

 

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