Libia

Libia – Il governo conteso. Panoramica dal 2011 ad oggi

La Libia è a un punto di svolta. Il 2018 potrebbe infatti essere l’anno decisivo per la risoluzione del periodo di instabilità politica. Dalle elezioni, annunciate per la primavera di quest’anno, dipende non solo il futuro della Libia – a livello politico ed economico – ma anche stabilità di tutta l’area del Mediterraneo, la regolazione dei flussi migratori e le future strategie politiche dei paesi Europei.

Ma qual’ è attualmente la situazione governativa in Libia? Per comprendere meglio l’attuale situazione di stallo dobbiamo fare alcuni passi indietro, ripercorrendo i principali avvenimenti che sono alla base di un instabilità politica che si protrae da oltre 7 anni.

Dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi, nell’ottobre del 2011, il paese è caduto in un duraturo stato di caos politico caratterizzato da violenza e guerriglia, con ricadute negative anche sui paesi circostanti.

Nel luglio del 2012, dopo un’egemonia politica durata più di quarant’anni, in Libia si torna per la prima volta alle elezioni. Il Consiglio Nazionale di Transizione cede il mandato al nuovo governo eletto: il Congresso Nazionale Generale (GNC), incaricato di formare un governo ad interim e di redigere una nuova costituzione, con un mandato della durata di 18 mesi.

Già nel giugno 2013 tuttavia i partiti islamisti riescono ad imporsi all’interno del governo sulla maggioranza liberale, facendo in modo che Nuri Busahmein venga eletto presidente del Congresso Nazionale Generale.

A partire dal febbraio 2014 il generale Khalifa Haftar diviene un personaggio chiave per lo sviluppo della situazione politica in Libia.
Haftar – precedentemente al servizio del regime di Gheddafi – si oppone al Congresso Nazionale Generale, di cui richiede ufficialmente lo scioglimento.
Pochi mesi dopo Haftar lancia un’offensiva terrestre e aerea contro i gruppi armati islamisti di Bengasi.
L’operazione dell’auto proclamato Esercito Nazionale Libico guidato da Haftar viene nominata “operazione Dignità” e ha lo scopo dichiarato di liberare il paese delle violenze e dall’oppressione delle milizie islamiste. Il primo ministro al-Thani sconfessa l’operazione, condannandola come un illegale tentato colpo di stato. Malgrado la condanna ufficiale, è però emerso ben presto che l’azione militare di Haftar a Bengasi era stata appoggiata da parte dell’esercito regolare, compresa la base militare di Tobruk, sulla costa orientale. Il governo si conferma quindi incapace controllare il territorio libico e addirittura le proprie forze armate. Haftar e le sue milizie sono inarrestabili e si scagliano contro il Parlamento di Tripoli che è costretto a sciogliersi.

Il GNC si vede dunque costretto ad indire nuove elezioni. Ai seggi si reca meno del 18% degli aventi diritto: ben 12 membri non possono essere eletti per via dell’inagibilità dei seggi causata dagli scontri armati.
Le elezioni del 2014 vedono in fine una netta sconfitta delle forze islamiste in favore dei partiti liberali e federalisti. Il clima di instabilità e violenze tuttavia permane, tanto che i parlamentari decidono di riunirsi non a Tripoli, come sarebbe previsto per legge, ma a Trobuk città protetta dalle forze del generale Haftar e dunque al riparo dagli attacchi islamisti. Questa decisione viene boicottata da Trenta deputati (principalmente islamisti e misuratini).

Le forze islamiste e le milizie di Misurata si alleano dunque sotto il nome di Alba Libica. Dall’unione di alcuni rappresentanti del vecchio Congresso Nazionale Generale e dei trenta oppositori del parlamento di Trobuk nasce, sotto l’egida di Alba Libica, il “Nuovo Congresso Nazionale Generale” che riconosce Tripoli come capitale, Nuri Busahmein come presidente e Omar al-Hasi come primo ministro.

Nel marzo del 2015 il parlamento regolarmente eletto con sede a Trobuk e presieduto da al-Thani aderisce ufficialmente all’operazione “dignità” del generale Haftar, nominandolo ufficialmente capo dell’esercito libico.

Si delinea così la situazione di governo conteso che vede contrapporsi il governo di Tripoli e il governo di Trobuk. Sebbene l’ONU abbia fortemente sostenuto il dialogo tra i due governi, con lo scopo di raggiungere finalmente la stabilità politica e la fine degli scontri armati, la presenza di gruppi oltranzisti in entrambe le fazioni ha reso vano ogni tentativo di pace.

La situazione di stallo si protrae per tutto il 2016. Molti membri di entrambi i parlamenti si sono espressi a più riprese in favore dell’accordo di pace promosso dall’ONU (detto Lybian Political Agreement) e quindi a favore di un unico governo nazionale, tuttavia i due presidenti Nuri Busahmein (governo di Tripoli) e Aguila Saleh Issa (governo di Trobuk) hanno continuato ad esprimere parere negativo.

In aprile il governo di Tripoli si scioglie. I membri dell’ormai ex Nuovo Congresso Nazionale Generale votano per l’adesione al Lybian Political Agreemente (LPA). Così come previsto dal LPA viene formato un nuovo Consiglio di Stato presieduto da Abdulrahman Al-Swehli.
Il sostegno dell’altro parlamento (Trobuk) però tarda ad arrivare, così come l’appoggio del generale Haftar, rendendo impossibile il consolidarsi del potere e dell’autorità del Governo di Unità Nazionale.
Nel settembre 2016 Haftar si schiera definitivamente contro il Governo di Unità Nazionale attaccando con le sue milizie i porti nella zona petrolifera (Sidra, Ras Lanuf, Brega e Zueitina).

Il 2017 ha inizio con un tentato colpo di stato da parte dell’ex primo ministro al-Ghweil.
Nel corso dell’anno proseguono gli scontri tra il Governo di Accordo Nazionale, presieduto da Fayez al-Sarraj, e l’Esercito Nazionale Libico del generale Kahlifa Haftar che continua ad esercitare il suo controllo sulla Cirenaica grazie al sostegno egiziano e russo.
Nel luglio dello stesso anno il presidente francese Emmanuel Macron ospita un vertice a Parigi per favorire il dialogo e l’accordo tra Serraj e il generale Haftar. Al vertice è stato invitato anche il nuovo rappresentante dell’Onu per la Libia, il libanese Ghassem Salemè.
L’incontro di Parigi ha portato all’impegno di “lavorare insieme per un processo di riconciliazione nazionale e per la costruzione di una pace durevole”. Una cooperazione che l’Europa si auspica possa favorire l’eliminazione dei traffici d’armi che alimentano il terrorismo, e del traffico di esseri umani che alimenta le vie migratorie.

In questo scenario si affaccia oggi un nuovo giocatore Said al-Islam Gheddafi, figlio del defunto dittatore, candidatosi di recente alle elezioni 2018.
La discussione sulle prossime elezioni si è riaperta ad inizio anno proprio a causa delle dichiarazioni rilasciate da Haftar riguardo al-Islam. Secondo il generale la candidatura del giovane al-Islam sarebbe quanto meno illogica poiché priva di un sostegno popolare. Le dichiarazioni di Haftar fanno temere risvolte anti-democratici. Egli infatti non solo ha dichiarato che la Libia non è effettivamente pronta per la democrazia, ma anche che il suo Esercito Nazionale sarà pronto ad intervenire nel caso in cui le consultazioni politiche non dovessero riuscire a porre fine ai tumulti e alle violenze che lacerano il paese da anni.
In Libia manca ancora una legge elettorale, tuttavia la registrazione degli elettori da parte della commissione elettorale ha già avuto inizio. Il presidente della commissione Emad Al Sayeh ha dichiarato che dovrà registrarsi anche chi lo ha già fatto in passato, visto che saranno aggiornati gli elenchi elettorali.
“Devono sussistere condizioni legislative in termini di legge elettorale, così come condizioni politiche nel senso che tutti i libici (…) dovrebbero accettare i risultati delle elezioni”.
Grandi speranze dunque sono riposte nelle elezioni, che possano portate in Libia la stabilità politica ed economica, ma soprattutto la fine della guerra civile.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Sula caso Libia mi sono posto delle domande, sarei grato a chi mi darà delle risposte:
    Corrisponde a l vero che l’ONU ha riconosciuto solo il governo di Serraj a Tripoli ?
    Vi sono degli stati che hanno riconosciuto il Parlamento ed il governo di Tobruk ?
    Risulta che le elezioni, pur con la sola affluenza del 18 % degli aventi diritto
    a voto, con 12 membri che non fu possibile eleggere anche a causa delle violenze e degli scontri
    armati fra le opposte fazioni (forze islamiste e liberali/federalisti) ?
    Che la maggioranza dei votanti optò per le forze liberali dopo di che il Governo di Tobruk, (con il voto contrario
    di 30 deputati islamisti),aderì all’operazione “dignità” nominando il gen, Haftar come comandante.? oscar roncaglia

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