Yemen

Lo Yemen raccontato dallo sguardo di Hamdan

Dagli inizi del 1900 lo Yemen è un Paese devastato dal conflitto. Fino al 1990 ha vissuto una terribile guerra civile che vedeva il paese diviso in due parti ben distinte: nord e sud. Ad oggi lo Yemen, dopo una tentata unificazione, continua ad essere uno stato solcato da profonde fratture: la parte occidentale, divisa ancora tra nord e sud, e la parte orientale chiamata “Hadramawt” dove proliferano indisturbate numerose cellule di Al-Qāʿida. Dal 2015 è in atto una guerra civile che continua tutt’ora a devastare lo Yemen, ponendolo sotto continui bombardamenti. Nel nord del paese è nata infatti una fazione di sciiti zayditi, chiamata Huthi, la quale si ribella al governo centrale cercando di mettere in atto un colpo di stato. Gli Huthi sono affiancati nel conflitto dall’Iran, contro l’Arabia Saudita ed i paesi del Golfo che sostengono il governo yemenita. Oggi il paese continua ad essere tormentato dalla guerra, ma in questo ultimo periodo, come in tutto il mondo, è assalito dalla preoccupazione del virus che potrebbe causare ulteriori e innumerevoli vittime.

Durante questi giorni, ai tempi appunto del Covid-19, abbiamo avuto modo di incontrare “da lontano” Hamdan, giovane Imam nato nello Yemen e attualmente responsabile della formazione dei giovani musulmani fiorentini, referente religioso per il carcere di Sollicciano, mediatore culturale, insegnante di arabo e primo musulmano laureato in teologia. Ha provato a raccontarci la sofferenza del suo popolo e di ciò che si prova a vivere in un paese in guerra.

“Lo stare a casa mi ha ricordato gli anni novanta in quegli anni non eravamo chiusi in casa ma sottoterra: se uscivamo… ci sparavano”.

Hamdan è arrivato a Firenze nel 2004 a soli 17 anni per ricevere delle cure nell’ambito di un progetto di cooperazione sanitaria della Regione Toscana. Era convinto di restare in Italia solo tre mesi: questi si sono trasformati in tre anni di cure necessarie. Dal 2017 è diventato ufficialmente cittadino italiano ed è felice del percorso che Dio ha scelto per lui, anche se ha dovuto lasciare la sua famiglia nello Yemen attraversando momenti di estrema sofferenza.

“In Yemen c’è una guerra silenziosa, di cui nessuno parla, ma che sta continuando a distruggere il Paese giorno dopo giorno”. Ad oggi lo Yemen è utilizzato come campo di battaglia, in un conflitto tra grandi potenze come l’Iran e l’Arabia Saudita. I civili non possono più lavorare, studiare, vivere; la benzina è arrivata a costare fino a due dollari al litro, nelle mani del mercato nero. Le case e le strade vengono distrutte da continui bombardamenti. Le persone risparmiate dalle bombe muoiono per malnutrizione, colera e cure sbagliate. Ci sono circa due milioni di bambini a rischio di contagio e per le strade continuano ad esserci molte mine antiuomo, come quella che ha ferito Hamdan.

“Nello Yemen c’era un codice etico, ora non c’è più nulla” continua Hamdan “perché la guerra non ha etica, non ha morale, non ha principi. In casa doveva esserci sempre una porta aperta per chi aveva bisogno di mangiare, bere o solo di un supporto. L’ospitalità era un valore essenziale per gli yemeniti. Quando c’è la guerra non sei più tu a scegliere, ti lasci necessariamente trascinare dal bisogno”.

Hamdan lo ha sperimentato sulla sua pelle. La sua casa era considerata un punto di riferimento per molte famiglie, ma poi qualcosa è cambiato. Suo padre, generale dell’esercito del governo di Sana’a (sunnita) si rifiuta di combattere a fianco dell’Arabia Saudita contro gli Huthi. Da quel momento viene bloccato il suo stipendio e iniziano le minacce e gli attacchi a tutti i membri della famiglia. “Ogni volta che suonava il telefono, avevo paura”. Adesso la sua famiglia è più al sicuro e Hamdan riesce ad avere un contatto con i suoi anche se non potrà più raggiungerli fin quando lo Yemen sarà un Paese in guerra.

Oggi condivide con noi la paura del Covid-19, virus che si sta diffondendo in tutto il mondo. Ha paura che possa arrivare anche in Yemen provocando così altra sofferenza e morte.

È adesso che siamo dentro un’emergenza sanitaria mondiale, che ci costringe a fare a meno del superfluo e ci fa sentire “in gabbia”, che dobbiamo riflettere: come sarebbe vivere in un paese in guerra?  Un paese come lo Yemen, dove “la guerra distrugge tutto, brucia il passato e il presente e non ti fa pensare al futuro”.  Dobbiamo ricercare l’essenziale e, come ci ha detto Hamdan, riscoprire il valore del vivere in pace, in un luogo dove si può esprimere la nostra opinione, andare a scuola o fare semplicemente una doccia: “vivere con impegno sociale e umano, a pieno e non parzialmente”.

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Io sono Amal: la guerra silenziosa dello Yemen
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